Le nostre prime sette volte – Bianca Marconero

SINTESI DEL LIBRO:
In un mondo ideale, si dovrebbe garantire per legge il diritto di
godersi il giorno del proprio compleanno. Oggi è il quattro novembre
ed è il mio venticinquesimo compleanno ma sono in trincea da
quarantotto ore.
La battaglia è cominciata due giorni fa, con la riunione
straordinaria voluta da mia madre. Doveva essere un focus
sull’andamento trimestrale delle mie quattro riviste. Gli analisti
avevano anticipato un lieve calo come conseguenza di una
contrazione del mercato. Durante la riunione non ero sorpreso per i
dati, né per l’entità della flessione – che confermava le proiezioni –
ma ero infastidito dal contesto. Il ragionier Comacchi voleva
indorarmi la pillola. Lui e quelli dell’ufficio bilanci minimizzavano con
sorrisi e alzate di spalle.
Mi hanno trattato con la stessa condiscendenza che si riserva ai
bambini permalosi. Il che non ha senso: io non ho avuto tempo per
essere un bambino.
Quando avevo sette anni mio padre morì in un incidente d’auto a
Monte Carlo. Magari avrei potuto superare il lutto senza rinunciare
all’infanzia, ma mio padre è morto mentre la sua amante
diciassettenne, strafatta di coca, era a cavalcioni su di lui, e si faceva
scopare.
L’infanzia incrinata è stata definitivamente spazzata via quando ho
capito che questa faccenda, al di là dello scandalo, per mia madre
era una liberazione. Sapere che la morte di mio padre, dopotutto,
poteva avere risvolti non del tutto negativi è stata una rivelazione
pesante.
Nessun bambino sopravvive a questo tipo di epifania.
Quindi non sopporto che mi si tratti come un ragazzino, che mi si
assolva ancora prima di farmi sentire in colpa. Soprattutto non tollero
che tutto questo avvenga davanti a mia madre.
Se lei ha chiesto questo focus era proprio per sbattermi in faccia
l’avverarsi di una previsione negativa che io non ho saputo evitare.
Per ricordarmi che le persone normali possono accontentarsi di
limitare i danni. Io, invece, devo fare miracoli.
Sono qui da undici mesi e non posso fare passi indietro.
Mi sono messo al lavoro e ho convocato i miei caporedattori.
Durante gli incontri, sono arrivate alcune buone idee da Lara
Lazzaretti, la caporedattrice di «Webstar», mensile sulle celebrità dei
social media e soprattutto da Giovanni Magnani, il caporedattore
storico di «Power Player», magazine di videogiochi e cultura digitale.
Giovanni ha avuto l’intelligenza di farsi aiutare da Pietro Foscarini.
Fosco per gli amici.
Fosco ha tre anni meno di me, le nostre madri sono cugine di
secondo grado, una parentela alla quale tengono entrambe, per un
discorso di reciproco prestigio. Io e Fosco, invece, ci siamo scelti.
Poiché lo considero un fratello, la mia decisione di assumerlo
potrebbe sollevare il sospetto di nepotismo. Ma mio cugino meritava
il posto. È un informatico brillante, con una profonda conoscenza del
settore, una grande attitudine per il lavoro di squadra, il talento di
piacere a tutti e il quoziente intellettivo di un genio.
Se durante queste prime due riunioni ero moderatamente
ottimista, riconosco che l’outlook è peggiorato nelle ultime due.
Enrica Farini di «TeenTele» è brava, ma ha in mano un format
davvero poco versatile, perché il suo magazine è poco più di una
guida alle tv, che i ragazzini comprano più che altro per gli adesivi e
gli allegati.
Mentre «Lollipop» è tutta un’altra storia. È una testata storica,
radicata nell’immaginario, che potrebbe ancora spostare il bilancio
del trimestre se fosse rilanciata. Ma Marilù Slanzi, la caporedattrice,
non sa da che parte cominciare. Marilù è una ragazza decorativa,
utile in molti frangenti e sulla cui lealtà, anche riguardo a questioni
extra lavorative, non si discute però non ha l’intelligenza per trovare
la soluzione, superare la congiuntura negativa e riportare in alto le
vendite.
Ho esposto questi dubbi a mia madre, ma Marilù è stata assunta
in azienda su pressioni di un membro del cda ed è intoccabile. Non
possiamo liberarci di lei. Ci vorrebbe un Pietro Foscarini anche per
«Lollipop», una nuova entrata di talento, senza alcuna ambizione,
capace di portare idee innovative, lasciando che il capo se ne
prenda il merito.
A causa di queste tensioni, ieri sera sono uscito dal lavoro
distrutto. Avevo bisogno di una serata come si deve. La scelta si è
ridotta a un ballottaggio tra il vernissage in una galleria di arte
contemporanea e il party per il lancio del primo disco di Sabryna,
una cantante uscita da un talent con cui la scorsa estate ho avuto un
paio di serate carine. Come spesso succede, i giornali hanno dato
alla nostra frequentazione un risalto sproporzionato all’importanza, si
sono inventati che tra di noi ci fosse un “grande amore”, poi finito per
“il veto” posto da mia madre. Come se non fossi perfettamente in
grado di mettercelo da solo, il veto, a una come lei.
Però, ieri sera, dovendo scegliere tra l’arte moderna e una festa in
discoteca, riconosco di aver sciolto presto il dilemma. Non tanto per
Sabryna, ma perché si trattava del tipo di party pieno di ragazze
come lei, alla ricerca di persone come me.
Alla fine ne ho rimediato una mora, con il viso da bambola, un
corpo da infarto e il nome di una festività cristiana, tipo Natalina,
Natalie o Natalia.
È stata una scopata tutto sommato passabile, ma viziata da due
gravi errori. Il primo è che l’ho fatta entrare in casa e il secondo è
che le ho permesso di addormentarsi nel mio letto.
Stamattina ho provato a svegliarla. Ho fatto parecchio rumore, ho
acceso lo stereo, ma lei ha continuato a dormire. Per quello che ne
so è ancora lì.
In momenti come questi Marilù si rivela utile. Perché se è vero che
è inferiore al suo incarico e non merita la posizione che occupa, è
anche vero che pur di compiacermi si metterebbe a quattro zampe e
scodinzolerebbe. Ogni tanto penso davvero a come sarebbe farla
mettere in ginocchio e testare altre sue doti, ma l’unica regola che mi
impongo con il sesso è farlo fuori dalla redazione. Non posso
mischiare il divertimento con il lavoro. E Marilù per me diventa
fondamentale in giornate come questa, quando faccio le cose alla
leggera e mi ritrovo a dover ripulire casa.
Sono quasi le undici quando scendo alla redazione di «Lollipop».
La mia apparizione fa cessare il brusio delle ragazze al lavoro, resta
solo la musica della radio, diffusa nell’openspace. Sento i loro
sguardi, scambio sorrisi con quelle che hanno il coraggio di
guardarmi, e osservo le altre.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo