La luce oltre la vita – Cosa succede quando si muore – Raymond A. jr. Moody

SINTESI DEL LIBRO:
Cosa accade quando si muore? E' forse la domanda più frequente
e più imbarazzante dell’umanità. Si cessa semplicemente di vivere,
senza lasciare altro che i resti mortali a ricordo del nostro passaggio
sulla terra? Si viene risuscitati da un Essere Supremo, ma solo se il
Registro della Vita riporta dei buoni voti? Si ritorna a vivere, come
credono gli indù, a distanza di secoli, nella forma di animali o di altre
persone?
Oggi non siamo più vicini ad una risposta al quesito dell’aldilà di
quanto lo fossero migliaia di anni fa gli uomini dell'antichità. Vi sono,
tuttavia, molte persone comuni che si sono trovate in punto di morte
e che hanno riportato immagini miracolose di un altro mondo, di un
mondo ricco d’amore e di comprensione, raggiungibile soltanto
tramite un emozionante viaggio attraverso un tunnel o un corridoio.
Questo mondo è frequentato da parenti morti immersi in una luce
gloriosa, ed è governato da un Essere Supremo il quale, dopo aver
guidato il nuovo arrivato in una totale revisione della propria vita, lo
rimanda sulla terra a continuare la sua esistenza.
Al ritorno, queste persone che erano «morte» non sono più le
stesse: tutte abbracciano in pieno la vita ed esprimono la
convinzione che amore e conoscenza siano le cose più importanti,
perché sono le uniche cose che ci si possa portare dietro.
Volendo dare un nome a questi episodi, possiamo dire che queste
persone hanno avuto una «esperienza di pre-morte».
Ho coniato questa frase diversi anni fa, per il mio primo libro La vita
oltre la vita. Altri hanno chiamato il fenomeno diversamente, ad
esempio «viaggi nell’aldilà», «fuga dell’essere verso l'Essere»,
«frattura del piano», «visioni pre-morte». Tutti questi episodi,
comunque, a prescindere da come vengano chiamati, sono
indicativi di esperienze simili. Chi vive un’esperienza pre-mortale
proverà, almeno in parte, le seguenti sensazioni: un senso di morte,
di pace e di assenza di dolore persino durante un’esperienza
«dolorosa»; l’impressione di separarsi dal proprio corpo, di entrare in
un tunnel o in una zona buia, di ascendere rapidamente verso il
cielo, d’incontrare amici e parenti defunti inondati di luce, d’imbattersi
in un Essere Supremo, di revisionare la propria vita, e 6
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LA LUCE OLTRE LA VITA di Raymond A. Moody
una certa riluttanza a tornare nel mondo dei vivi.
Tali caratteristiche furono da me isolate oltre vent’anni fa, a seguito
d’una ricerca personale iniziata per puro caso quando ero un
ventenne studente di filosofia presso l’Università della Virginia.
Seguivo, con un’altra decina di allievi, un seminario sulle questioni
correlate alla morte, quando il professor John Marshall raccontò di
un suo conoscente psichiatra, il dottor George Ritchie, che era stato
dichiarato morto di polmonite doppia e che poi era risuscitato:
mentre era «morto», Ritchie aveva avuto la notevole esperienza di
passare attraverso un tunnel e di vedere degli esseri di luce.
Quest’esperienza, osservò il mio professore, aveva colpito
profondamente quel medico, convinto di essere stato ammesso a
sbirciare nell’altro mondo.
Francamente, fino a quel momento non mi aveva mai sfiorato l’idea
che si potesse sopravvivere spiritualmente alla morte fisica: avevo
sempre assunto che la morte fosse l’obliterazione della coscienza,
non meno che del corpo. Naturalmente, però, m’incuriosì molto il
fatto che un rispettabile clinico ammettesse pubblicamente di aver
dato un’occhiata nell’aldilà.
Alcuni mesi dopo, sentii lo stesso psichiatra descrivere la propria
esperienza ad un gruppo di studenti: egli ci raccontò di aver visto a
distanza il suo corpo apparentemente morto steso su di un letto
d’ospedale, di essere entrato in una luce brillante che emanava
amore, e di aver rivisto ogni evento della sua vita in un panorama a
tre dimensioni.
Archiviata la storia di Ritchie in un angolo della memoria, proseguii
con i miei studi fino alla laurea in filosofia, presa nel 1969. Fu solo
quando cominciai a insegnare all’università che m’imbattei in un’altra
esperienza di pre-morte.
Uno dei miei allievi era stato per morire l’anno prima. Gli chiesi cosa
avesse provato e rimasi esterrefatto nello scoprire che aveva avuto
un’esperienza quasi identica a quella descritta da Ritchie più di
quattro anni prima.
Cominciai a trovare altri studenti che sapevano di altri casi di
esperienze di pre-morte. Nel 1972, quando m’iscrissi alla facoltà di
medicina, avevo già raccolto otto testimonianze, tutte di persone
oneste ed affidabili.
Altre ancora ne riscontrai in facoltà, sicché ben presto mi trovai con
una casistica sufficiente per la compilazione di La vita oltre la 7
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vita, destinato a divenire un best-seller internazionale: v’era
chiaramente una gran sete di conoscenza riguardo a quel che ci
accade nell’aldilà.
Il libro poneva molti quesiti ai quali non poteva rispondere, e suscitò
le ire degli scettici che trovavano una casistica di poche centinaia di
persone indegna di entrare nel regno della «vera»
ricerca scientifica. Molti medici sostennero di non aver mai sentito
parlare di esperienze di pre-morte, nonostante avessero fatto
risuscitare centinaia di persone. Altri sostenevano che si trattava
semplicemente di una forma di malattia mentale, come la
schizofrenia. Alcuni dicevano che tali esperienze capitano soltanto a
persone estremamente religiose, mentre altri parlavano di esseri
indemoniati. Alcuni medici dicevano che tali esperienze non capitano
mai ai bambini perché questi non sono «culturalmente corrotti»; altri
consideravano i casi di esperienze di pre-morte troppo poco
numerosi per essere significativi.
Qualcuno, me compreso, era interessato a fare ulteriori ricerche
sull’argomento: il lavoro da noi svolto negli ultimi dieci anni ha diffuso
un’enorme quantità di luce sul problema delle esperienze di premorte e ci ha posto in condizione di rispondere a quasi tutti i quesiti
di chi le considerava forme di malattie mentali o scherzi del cervello.
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