Come foglie sul fiume – Cristina Bruni

SINTESI DEL LIBRO:
Evelyn fece irruzione nella sede della Royal Canadian Mounted
Police con la furia di un uragano. Nonostante la sua robustezza, la porta
rivestita in alluminio sbatté contro la parete delle vecchie glorie, facendo
oscillare minacciosamente il ritratto del sergente capo Shields, ormai in
pensione da due anni.
Il constable di primo livello Jared, seduto dietro la sua scrivania e in
procinto di arrendersi al consueto pisolino post-pranzo, balzò
letteralmente sulla sedia.
«Lui c’è?» domandò Evelyn con ansia, battendo un pugno sulla
scrivania.
Jared strizzò gli occhi.
«Uh? Ehm… Sì,» rispose assonnato, cercando di capire chi fosse e
dove si trovasse.
«Oh, grazie al cielo!» sospirò la donna, scostando dal viso una ciocca
ribelle di capelli biondi.
L’agente, trattenendo a fatica uno sbadiglio, la seguì con lo sguardo –
o, meglio, seguì con vivo interesse le morbide curve che disegnavano il suo
bel fondoschiena a mandolino – sino alla porta chiusa del sergente capo.
Leccandosi vogliosamente le labbra, la vide sostare per un lungo attimo
davanti alle lettere dorate che spiccavano sul vetro smerigliato, prima di
scuotere la testa ed entrare senza nemmeno bussare.
Jared si sporse dalla scrivania per godere di un’ultima e fugace vista di
una delle poche belle ragazze del villaggio prima che lei richiudesse la
porta dell’ufficio con la stessa innata poca grazia che prima aveva dedicato
a quella di ingresso.
Seth Cohen, sergente del distaccamento della RCMP, divisione M di
Hana, Yukon, era seduto alla scrivania e immerso nella lettura del
rapporto sul furto di una vecchia motoslitta Polaris quando la ragazza
entrò nella stanza.
«Seth, per tutti gli dei dell’Olimpo!» sospirò Evelyn, portandosi una
mano al petto.
Per tutti gli dei dell’Olimpo… C’è ancora gente che usa espressioni
del genere? si domandò perplesso il poliziotto. Con un sopracciglio
inarcato, osservò la giovane accomodarsi sulla sedia di fronte a lui,
continuando a emettere curiosi sospiri.
«Seth, ho bisogno davvero, davvero del tuo aiuto,» pigolò lei,
picchiettando la scrivania con le lunghe unghie laccate di rosso. «Hai già
pranzato?» continuò, sporgendosi in avanti.
Lo sguardo di Seth non poté impedirsi di scivolare verso la generosa
scollatura della camicetta rosa, che metteva in risalto un seno pieno e sodo
degno di una diva di telenovelas. A quella vista, un fremito guizzò lungo la
sua spina dorsale e più giù.
La desiderava da mesi. O, almeno, era questo ciò che credeva.
Aveva fantasticato per giorni e giorni su come sarebbe stato portarla
fuori a cena, o anche solo per un caffè. Su come sarebbe stato meraviglioso
avere al proprio fianco una femmina come quella. O ancora meglio dentro
il suo letto.
Fantasticato, sì, perché Seth Cohen non aveva la fottuta, minima idea
di come avrebbe potuto essere. Non aveva mai avuto una fidanzata, una
compagna così sensuale, bella e attraente. Nemmeno qualcuna che fosse
l’esatto opposto di Evelyn.
In breve, a memoria, non aveva mai avuto una donna.
Era stato infinite volte sul punto di proporsi con il suo invito, ma
all’ultimo momento si era sempre tirato indietro. Con Evelyn e con ogni
altro esemplare di sesso femminile che aveva incrociato il suo cammino.
Perché tanto sapeva già come sarebbe finita: non sarebbe iniziata affatto.
Gli occhi del sergente, azzurri come il ghiaccio, scesero sul fascicolo
aperto. Il caso della motoslitta rubata era stato risolto il giorno prima, dopo
un’indagine di circa un’ora e mezza, ed era senza dubbio uno degli
avvenimenti tristemente più eccitanti che si erano verificati ad Hana negli
ultimi dieci mesi. Fare il poliziotto in un paesino in capo al mondo non era
certo una delle cose più esaltanti al mondo. La mancanza di adrenalina
nella sua vita professionale andava di pari passo con quella della sua vita
privata.
«Non… Non ho ancora mangiato, in effetti, Evy,» tentennò cauto in
risposta.
Il viso della ragazza si illuminò.
«Oh, perfetto!» cinguettò lei, sventagliandosi con una mano. Poi
allungò la stessa verso Seth. «Dai, vieni, andiamo a prendere un sandwich
al salmone da Jack. Offro io!»
Evelyn balzò in piedi e aprì la porta con slancio. Seth si stava ancora
infilando la giubba rossa d’ordinanza che lei era già fuori, sotto il porticato.
Il constable Jared, invece, era tornato a occuparsi della sua siesta.
Camminarono in silenzio per qualche minuto sino al ristorante,
costeggiando l’impetuoso fiume Yukon che attraversava il piccolo villaggio
canadese. Per tutto il tempo, Seth tenne lo sguardo basso e le mani
affondate nelle tasche dei calzoni neri, cercando di immaginare che cosa
Evelyn volesse mai da lui.
Forse quel pranzo sarebbe stato il primo di tanti altri. Se Evelyn
avesse offerto, avrebbe avuto la scusa per ricambiare, magari con una
romantica cenetta. Il cuore gli balzò in gola al solo pensiero. Non avrebbe
mai trovato il coraggio di invitarla a uscire, c’era poco da fare.
«Evelyn, sergente… Che cosa vi porto?» domandò il ristoratore,
avvicinandosi al loro tavolo con due menù.
Jack Drummond era un pescatore di cinquant’anni. La vita trascorsa
così spesso all’aperto aveva segnato il suo viso con rughe marcate.
Ciononostante, il sorriso sempre presente e gli occhi luminosi facevano
dimenticare i segni del tempo.
Con un cenno della mano, la ragazza rifiutò le liste delle vivande.
«Due sandwich al salmone affumicato, per favore, Jack. E due birre,» tagliò
corto.
«Per me acqua, sono in servizio,» s’affrettò a chiarire Seth. Si strofinò
entrambi i palmi sulle sue ampie cosce: stava sudando, segno evidente che
la solita paura era già lì, pronta a balzare fuori alla prima occasione.
«Bevande e sandwich in arrivo, gente!» annunciò Jack, prima di
lasciarli soli.
Evelyn si portò la mano al petto e sospirò per l’ennesima volta.
«Seth, ho un problema,» iniziò.
E poi la mano che solo un attimo prima si trovava sul suo generoso
décolleté, andò a posarsi sul dorso di quella di Seth, che riposava ancora
sulla gamba.
Cazzo.
Il sergente rabbrividì. Si sforzò di ricordare quante volte, prima di
quella, fosse stato toccato da Evelyn. Quante volte i loro corpi si fossero
anche solo sfiorati.
Facile: nessuna.
La ragazza puntò i suoi begli occhi scuri in quelli chiari di Seth. Lo
guardò con insistenza, facendogli provare una cascata di altri brividi e
risvegliando prontamente il suo sesso chiuso in quei pantaloni neri…
«Credo di essermi innamorata, Seth,» rivelò alla fine, stringendo la
mano attorno a quella del poliziotto.
Gesù!
Che stesse parlando di lui? Non era possibile. Non era umanamente
pensabile che una donna come Evelyn potesse essere attratta da un uomo
come lui, da un corpo come quello in cui era imprigionato dalla nascita.
Un corpo che lui stesso odiava.
Seth dischiuse le labbra e provò a dire qualcosa, ma non un solo suono
lasciò la sua bocca. Il cuore prese a scalciare con prepotenza contro lo
sterno.
Cielo, quanto avrebbe desiderato sentirsi dire: “Seth, mi sono
innamorata di te!” Ne aveva un disperato bisogno fisico.
Non perché fosse a sua volta innamorato di lei. Si sentiva attratto da
Evelyn, ma era quasi certo che non fosse amore il sentimento che provava
nei suoi confronti. Dopotutto, non poteva davvero amare qualcuno con
cui, fino a quel momento, si era limitato a scambiare solo qualche parola
ogni tanto. Sicuramente, lo stesso valeva anche per Evelyn e la sua parte
razionale glielo stava sussurrando.
Tuttavia, sentirsi amato da qualcuno era qualcosa che gli mancava
come l’aria, qualcosa che gli mancava da una vita intera.
«Mi sono innamorata di Jim.»
Ecco, appunto.
Il sergente annuì tristemente e, di riflesso, staccò la mano da quella di
lei, portandola sul tavolo.
Jim Shields, figlio dell’ex sergente capo, era coetaneo di Seth. Lo
conosceva da quando aveva poco più di diciassette anni e abitava ancora
nel capoluogo di Whitehorse. Da sempre, Jim veniva considerato il bello
del villaggio. Aiutava il sergente tre pomeriggi alla settimana con il
progetto Arcobaleno: si occupavano dei bambini di Hana, aiutandoli nella
biblioteca cittadina con i compiti e intrattenendoli sino a quando le loro
mamme non rientravano dai loro posti di lavoro, che a volte si trovavano
addirittura oltre il confine.
Dopo il constable Jared e l’agente semplice Cory, Jim era la persona
con cui Seth trascorreva più tempo e tra loro c’era una buona intesa. Jim
aveva avuto una relazione con tutte le (poche) belle signore del villaggio,
di quelli vicini e persino con un numero infinito di straniere che
partecipavano alle gare di sled dog che rendevano famosa quella zona tra
Alaska e Canada, durante il lungo e rigido periodo invernale.
Seth avrebbe potuto scrivere una lista più lunga della spesa di un
mese con tutte le cose che invidiava a Jim. Il fisico magro e atletico, tanto
per dirne una, ma anche il carisma, il fascino, la parlantina… Insomma,
l’arsenale da seduttore di Jim avrebbe fatto invidia a 007. Se lo paragonava
al proprio… beh, Seth preferiva non pronunciarsi nemmeno.
«Devi aiutarmi a far colpo su di lui, Seth!» stava intanto dicendo
Evelyn.
Aiutarla a far colpo su qualcuno… Evelyn faceva colpo su tutti, c’era
solo l’imbarazzo della scelta.
«Potresti sondare un po’ il terreno, scoprire che cosa pensa di me. E
magari potresti anche combinare un appuntamento fortuito! Vediamo un
po’…»
La ragazza fece schioccare rumorosamente le dita.
«Trovato! La serata di ballo a tema Anni Cinquanta che sta
organizzando il sindaco per i Giorni della Fondazione! Potresti dire a Jim
che mi piacerebbe dare una mano. E poi che altro, vediamo…»
Ma lui aveva ormai smesso di ascoltarla.
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