Tutte le storie di Puck il folletto – Lo strano caso del Fatebenesorelle – Rudyard Kipling

SINTESI DEL LIBRO:
La Canzone di Puck
Vedi il sentiero affossato che corre
attraverso il grano?
Oh fu lì che portarono i fucili
che sconfissero la flotta di Re Filippo!
Vedi il nostro piccolo mulino che schiocca
affaccendato accanto al ruscello?
Ha macinato e pagato le sue tasse
sin dai tempi del Domesday Book1
.
Vedi i querceti silenziosi
e il tetro fossato lì accanto?
Oh, è da lì che irruppero i Sassoni
il giorno che Harold morì!
Vedi i piani ventosi
che si stendono intorno ai Cancelli della Segale?
Oh, fu lì che gli uomini del Nord fuggirono
quando le navi di Alfred sopraggiunsero!
Vedi i pascoli ampi e solitari
dove i buoi rossi pascolano?
Oh, lì sorgeva una città fiorente e conosciuta
già prima che Londra vantasse i suoi natali!
E non vedi, dopo la pioggia, le tracce
del terrapieno, del fossato e delle mura?
Oh, lì s’accampò una legione
quando Cesare fece vela dalla Gallia!
E vedi i segni che appaiono e scompaiono
come ombre sui Downs2?
Oh, quelli sono i confini tracciati dagli uomini dell’età della pietra
per proteggere le loro magnifiche città!
Il sentiero, e l’accampamento e la città perduta,
la palude salata dove ora è il frumento;
antiche guerre, antiche paci, antiche arti scomparse,
e così è nata l’Inghilterra!
Non è una terra,
e non sono acqua o legno o aria come tanti
che io e te visiteremo
Ma Gramayre, l’Isola di Merlino.
I bambini erano a teatro, e recitavano per le Tre Mucche quello che
riuscivano a ricordare del Sogno di una notte di mezza estate. Il
papà aveva creato per loro una riduzione della grande commedia
shakespeariana, e l’avevano provata con lui e con la mamma fino a
che non l’avevano saputa a memoria.
Cominciavano da quando Nick Bottom il tessitore esce dai cespugli
con la testa d’asino sulle spalle e trova Titania, la regina delle fate,
addormentata. Poi passavano subito alla parte dove Bottom chiede
a tre fatine di grattargli la testa e portargli del miele, e finivano con lui
che s’addormenta fra le braccia di Titania. Dan interpretava Puck e
Nick Bottom, e anche tutte e tre le fate. Per la parte di Puck
indossava un cappello a punta di stoffa, e una testa d’asino ricavata
da un petardo natalizio – ma bisognava stare attenti a non strapparla
– per Bottom. Una era Titania, con una ghirlanda di aquilegie e una
bacchetta di digitale.
Il teatro stava in un prato chiamato Long Slip. Un piccolo canale,
che portava l’acqua ad un mulino due o tre campi più in là, formava
un’ansa ad un angolo, e al centro di quell’ansa si trovava un grosso
e antico Cerchio delle Fate d’erba scura, che fungeva da
palcoscenico. Le sponde del canale, ricoperte da fitti salici, noccioli e
viburni, erano un buon posto dove aspettare il proprio turno per
entrare in scena; e un adulto che lo aveva visto aveva detto che lo
stesso Skakespeare non avrebbe potuto immaginare
un’ambientazione più adatta per la sua commedia. Naturalmente,
non era permesso loro recitare durante la Notte di San Giovanni, ma
andarono lì per la vigilia, dopo il tè, all’ora che le ombre
s’allungavano, e si portarono la cena: uova sode, biscotti secchi e
sale in un cartoccio. Le Tre Mucche erano state munte, e brucavano
intente con un rumore d’erba strappata che si diffondeva per il prato,
mentre il rumore del mulino all’opera suonava come uno scalpiccio
di piedi nudi sul terreno. Un cuculo stava appollaiato sullo stipite di
un cancello e intonava il suo "cucù" intermittente, e un martin
pescatore affaccendato volava avanti e indietro dal canale al torrente
che scorreva all’altro capo del prato. Tutto il resto era immerso in
una specie di pesante e sonnolenta quiete odorosa della dolcezza
dei fiori e d’erba secca.
La commedia fu un successo. Dan ricordava tutte le sue parti –
Puck, Bottom e le tre fate – e Una non aveva scordato neanche una
battuta di Titania, neanche quel pezzo difficile dove diceva alle fate
di come dovessero rifocillare Bottom con albicocche, fichi verdi e
more selvatiche. Erano tanto soddisfatti che la recitarono tutta
dall’inizio alla fine per tre volte di fila prima di sedersi al centro del
Cerchio, che era libero dai rovi, per mangiare uova e biscotti. Fu
allora che sentirono un fischio fra gli ontani della riva, e
sobbalzarono. I cespugli si aprirono.
Nel posto esatto dove Dan aveva interpretato Puck c’era una
personcina non alta di statura, scura di carnagione, dalle spalle
larghe e le orecchie appuntite, con il naso all’insù, occhi azzurri
allungati, e un sorriso beffardo che s’apriva sul viso lentigginoso. Si
fece ombra sugli occhi con la mano, come se stesse guardando
Quince, Snout, Bottom, e gli altri che provavano Pyramus e Thisbe,
e con voce altrettanto profonda di quella delle Tre Mucche quando
chiedevano di essere munte, cominciò:
Che rozzi villici sbruffoneggiano qui,
così vicino alla culla della regina delle fate?
Tacque, si accostò una mano a coppa all’orecchio, e, con uno
scintillio malizioso negli occhi, continuò:
Cosa? Una commedia? Sarò uno spettatore;
anche un attore, forse, se ne vedrò il motivo3
.
I bambini si guardarono a bocca aperta. Quella creaturina – a Dan
non arrivava che alle spalle – entrò tranquillamente dentro il Cerchio.
«Sono piuttosto fuori esercizio», disse, «ma è questo il modo in cui
dovrebbe essere recitata la mia parte».
I bambini continuavano a fissarlo, dal cappello blu scuro, simile a
un grande fiore di aquilegia, ai piedi nudi e villosi. Alla fine lui si mise
a ridere.
«Vi prego, non guardatemi così. Non è colpa mia. Che altro
potevate aspettarvi?», disse.
«Noi non ci aspettavamo nessuno», rispose lentamente Dan.
«Questo è il nostro campo».
«Davvero?», commentò il visitatore, mettendosi a sedere. «Allora,
in nome della terra degli umani, perché avete recitato Sogno di una
notte di mezza estate per tre volte, alla vigilia di San Giovanni, nel
bel mezzo di un Cerchio, e sotto, esattamente sotto una delle mie
colline più antiche nella Vecchia Inghilterra? La collina di Pook, la
collina di Puck, la collina di Puck! È lampante».
Indicò i pendii senz’alberi e ricoperti di felci della collina di Pook
che si estende dalla riva più lontana del canale fino ad un bosco
cupo. Oltre quel bosco il terreno s’innalza per cinquecento piedi, fino
ad arrivare sulla sommità spoglia della collina di Beacon, da dove si
vedono la pianura di Pevensey, la Manica e metà dei brulli Downs
meridionali.
«Per la quercia, il frassino e il rovo!», gridò, sempre ridendo. «Se
questo fosse accaduto qualche centinaia di anni fa, avreste visto tutti
gli abitanti della colline sciamare allo scoperto come api a giugno!».
«Non credevamo di fare qualcosa di sbagliato», disse Dan.
«Sbagliato!». L’ometto rideva a crepapelle. «Non è assolutamente
sbagliato. Avete fatto una cosa che per scoprirla i re e i cavalieri e gli
eruditi dei tempi andati avrebbero dato le loro corone, e gli speroni, e
i libri. Se Merlino in persona vi avesse aiutato, non avreste potuto
fare meglio! Avete rotto il sortilegio delle colline, avete rotto il
sortilegio! Non succedeva da mille anni».
«Noi... noi non intendevamo», si scusò Una.
«Certo che no! è proprio per questo che ci siete riusciti». Purtroppo
le colline sono disabitate ormai e i loro abitanti sono andati via. Io
sono l’unico rimasto. Sono Puck, la Cosa più Vecchia dell’Inghilterra,
per servirvi... se vorrete avere qualcosa a che fare con me. In caso
contrario, non avrete che da dirlo, e me ne andrò».
Guardò i bambini, e i bambini ricambiarono il suo sguardo per un
buon mezzo minuto. Dai suoi occhi era scomparso quello scintillio.
Erano molto buoni, e le labbra accennavano un sorriso gentile.
Una allungò una mano. «Non andare», gli disse. «Ci piaci».
«Prendi un biscotto», disse Dan, e gli offrì il cartoccio molle con le
uova.
«Per la quercia, il frassino e lo spino», esclamò Puck togliendosi il
berretto blu, «anche voi mi piacete. Metti un bel po’ di sale sul
biscotto, Dan, e mangerò con voi. Questo vi mostrerà che tipo sono.
Alcuni di noi», proseguì a bocca piena, «non sopportavano il sale, o
un ferro di cavallo su una porta, o le bacche di frassino, o l’acqua
che scorre, o il freddo del ferro, o il suono delle campane. Ma io
sono Puck!».
Si spazzolò via le briciole dal giustacuore e strinse loro la mano.
«Abbiamo sempre sostenuto, Dan e io», balbettò Una, «che se
fosse successo avremmo saputo esattamente cosa fare; ma... ma
ora per qualche ragione sembra tutto diverso».
«Vuol dire se avessimo incontrato un folletto», disse Dan. «Io non
ho mai creduto che esistessero, non dopo aver compiuto sei anni,
almeno».
«Io sì», disse Una. «Perlomeno, c’ho creduto un po’ da quando
abbiamo imparato, Folletti e premi, addio. Conosci Folletti e premi,
addio?
4».
«Intendi questa?», disse Puck. Gettò indietro il suo testone e
cominciò dal secondo verso:
Possono dire oggi le buone massaie
poiché una sudicia lattaia
vale ormai quanto loro.
E benché il focolare spazzino non meno
(«Unisciti a me, Una!»)
di quanto non facessero le serve
chi per la pulizia, di questi tempi
troverà un soldino nella scarpa?
Le voci riecheggiarono sul prato pianeggiante.
«Certo che la so», rispose.
«E poi c’è il verso sui Cerchi magici», disse Dan. «Quando ero
piccolo mi rattristava sempre profondamente».
«"Guardate quei Cerchi e quei rondelli", intendi?», tuonò Puck con
potente voce d’organo.
Di quelli che ancora restano,
furono calpestati ai tempi della regina Maria
su molti piani erbosi,
ma dal tempo di Elisabetta
e, in seguito, quando arrivò Giacomo,
non si vedono più su alcuna brughiera
come accadeva al tempo che fu.
«È da un po’ di tempo che non sentivo questi versi, ma è inutile
menare il can per l’aia: è vero, il Popolo delle Colline è scomparso.
Io l’ho visto giungere alla Vecchia Inghilterra e l’ho visto andare via.
Giganti, troll, demoni d’acqua, elfi, folletti, diavoletti; spiriti del bosco,
degli alberi, della terra e dell’acqua; abitanti della brughiera,
guardiani di tesori, creature benefiche, piccolo popolo, streghe,
leprecani, creature della notte, fatine, gnomi, e tutti gli altri: spariti,
spariti tutti! Io sono arrivato qui con la quercia, il frassino e lo spino,
e quando loro spariranno, lo farò anch’io».
Dan guardò il prato tutt’intorno: la quercia di Una accanto al
cancelletto; il filare di frassini che ombreggiava lo Stagno delle
Lontre, dove si riversa il canale quando il mulino non usa la sua
acqua, e il vecchio biancospino nodoso dove le Tre Mucche si
grattavano il collo.
«Benissimo», disse; e soggiunse: «Anche quest’autunno pianterò
molte ghiande».
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