Sinceramente tua – Sara Ney

SINTESI DEL LIBRO:
Perché cavolo mi sta fissando così?
Non ha detto una maledetta parola in – controllo l’orologio – tre
minuti.
Ho lasciato scorrere i secondi nonostante il suo disagio, o forse
proprio per questo, permettendo così a questo spiacevole silenzio di
prolungarsi. Creare imbarazzo e difficoltà mi riesce molto bene e me
la godo.
Tic.
Tac.
“Nessun problema”, le dice il mio sorriso sardonico. “Ho un sacco
di tempo”. Venti minuti pieni dedicati solo a lei, su sua richiesta, per
starmene seduto qui a perdere il mio prezioso tempo. In attesa che
apra quella sua boccuccia e dia voce ai suoi pensieri.
Invece, si sposta sulla sedia, la gonna grigia che non le è possibile
tirare giù le abbraccia i fianchi. È stretta e puritana, completata da
una camicia bianca button-down. Occhiali neri sulla punta del naso e
linee scure delle sopracciglia al di sopra del bordo inarcate in
un’espressione sorpresa.
Non assomiglia a nessun coordinatore del marketing che abbia
mai incontrato, né avevo idea che ci fosse qualcuno così a lavorare
per me. Sotto di me.
Quattro piani più in basso.
Sembra più una contabile, accidenti. O una segretaria. O la
preside di una scuola privata della East Coast.
Giro sulla sedia di pelle e prendo una penna dalla scrivania
stringendola tra le dita, studiandola con gli occhi socchiusi.
Mi fingo annoiato.
In realtà sono tutt’altro.
Apro e chiudo il cappuccio una volta, due volte, guardando gli
enormi occhi castani di questa donna seguire i miei movimenti
dall’altra parte della mia mastodontica scrivania. Aggrotta la fronte,
la sua pazienza si sta esaurendo e non riesce a celarlo.
Peyton.
Merda, quando ho visto il suo nome sul calendario degli
appuntamenti, ho pensato che a varcare la mia soglia sarebbe stato
un uomo. Immaginate la sorpresa quando ho scoperto che l’esile
polso che ha bussato delicatamente allo stipite apparteneva a una
delle donne sedute al tavolo della sala riunioni questa mattina.
Era impegnata al cellulare, durante la riunione. Ci scommetto la
mia palla destra.
Getto uno sguardo al foglio di carta e fisso ogni lettera del suo
nome: non ho mai avuto un incontro o una riunione con questa
donna da quando è entrata a lavorare nella mia azienda.
Cinque anni.
Nonostante gli ottimi risultati – stando alle informazioni giunte dalla
mia segretaria – non è mai venuta nel mio ufficio. Peyton-qualcosa,
con un cognome assurdo che non riesco a pronunciare e neanche
mi ci sforzo.
Che mi importa?
Uno di quei suoi bei piedini è già fuori dall’azienda da me fondata.
Alla fine schiudo le labbra per toglierci entrambi da questa
sofferenza. «Il suo responsabile sa che è qui?»
«Non ancora», comincia raddrizzando la colonna vertebrale,
tendendo il seno dentro la camicia inamidata. «Volevo…». Fa una
pausa, inspirando nervosa.
«Perché non è andata prima alle Risorse umane? Il protocollo è
quello».
Mi piace essere diretto. Preferisco la schiettezza alle cazzate
ricoperte di zucchero, a prescindere dal sapore che mi stanno
regalando.
«Volevo comunicarle di persona le due settimane di preavviso.
Pensavo fosse più congeniale».
Congeniale.
Ma dice sul serio, cazzo? Chi parla così?
«Sta mollando. Pensa che me ne freghi qualcosa della
congenialità?». O dell’educazione? O del fatto che stia cercando di
mostrarsi premurosa?
Non c’è posto per certe cose nel mio ufficio.
È un ufficio, non un centro assistenziale; siamo qui per fare soldi,
non per blandire i sentimenti feriti.
Peyton fa un’altra pausa, poi riprende con voce tremante: «Ho
pensato che, trattandosi della sua azienda, mi avrebbe giovato non
tagliare i ponti».
Giovato.
Cazzo, non è adorabile? All’improvviso la immagino in una
cittadina degli Stati Uniti sperduta in mezzo al nulla, in cui i genitori
insegnano ai figli le buone maniere e trascorrono con loro del tempo
di qualità durante il fine settimana. Serate di film in famiglia e tutte
quelle cazzate lì.
Sbuffo facendo cliccare la penna.
Peyton. Che razza di nome è?
Un nome da uomo, ecco cos’è.
«Non voleva tagliare i ponti», ripeto con un ghigno, sfogliando la
carta color crema che mi ha posato sulla scrivania quando è entrata
leggiadra. Una lettera di dimissioni stampata su un curriculum. «Io
non mi limito a tagliare i ponti. Prosciugo direttamente il letto del
fiume e lo riempio di cemento».
Poi campeggio lungo le sponde di ciò che resta dei fiumi; dirigo
un’azienda che si occupa di avventure all’aperto, quindi non ho
difficoltà a trovare una tenda.
Peyton arriccia le labbra, se perché sorpresa, scioccata o
disgustata dal mio candore, non posso dirlo.
Faccio scorrere il foglio tra le mani. «Qui non dice dove se ne va.
Non ha bisogno di una lettera di referenze? Perché devo
confessarle, Peyton», mi appoggio alla sedia facendo scricchiolare i
vecchi cardini arrugginiti, «che dare le dimissioni è un pessimo modo
per estorcermene una».
Scuote la testa, e i capelli scuri raccolti sulla nuca in uno chignon
ordinato non si muovono di un centimetro. Le manca solo la retina
per capelli.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo