La voce del cuore – Banana Yoshimoto

SINTESI DEL LIBRO:
Non ero riuscita a fare
neanche un breve sonno.
Non facevo in tempo ad
appisolarmi, che subito mi
svegliavo, ed è andata avanti
così fino al mattino.
Guardavo trasognata il cielo
che si schiariva
progressivamente, come se
fossi stata sotto l’effetto
dell’ipnosi.
Per quanto mi sforzassi di
dormire, la luce morbida che
illuminava la stanza, resa
ancora più brillante dalle
chiare tende arancioni, me
lo impediva. Quando aprii la
finestra, il gelido vento
invernale subito penetrò
all’interno, invitando, nella
stanza dove si era addensata
l’aria calda di una notte
insonne, una nuova giornata.
A quel punto mi arresi e mi
alzai. Bevvi un caffè e
sperimentai allo stesso
tempo l’indolenzimento del
corpo e lo squilibrio della
mente intorpidita.
Sul tavolo c’era ancora
quella lettera.
Anche se l’avevo letta
infinite volte, il contenuto
era sempre lo stesso. E poi,
pensai di nuovo la cosa che
pensano tutti: sapevo che
prima o poi questo giorno
sarebbe arrivato, ma non
immaginavo che fosse
adesso. E poi sussurrai di
nuovo le parole che dal
giorno prima e per tutta la
notte avevo ripetuto mille e
mille volte:
“Sono dieci anni, dieci
anni! Come farò?”.
Come avrei fatto? Io che
sono così paurosa, che di
fronte a un problema tremo
di paura, sorrido, fuggo
subito via.
Gentile signorina,
nella ditta di graphic design dove lei
lavora, tra i suoi colleghi più anziani
c’è la signorina Nakamoto. Sua sorella
minore è una mia amica, e parlandole
per caso ho saputo di lei. Sono rimasta
stupita non solo per la sua giovane età
ma anche per il fatto che la sua
relazione con mio marito vada avanti
da tanto tempo. Adesso mi sto
chiedendo con tutte le mie forze che
cosa dovrei fare, ma per il momento
ho solo pensato di metterla a
conoscenza di questa situazione. Se
questa storia dura da tanto tempo,
immagino che sarà difficile separarvi
rapidamente, e anch’io, avendo un
buon rapporto con mio marito, in tutta
franchezza non me la sento di pensare
a una separazione. Sono convinta che
lei sia una persona di animo gentile.
Anche se non l’ho mai incontrata, ho
questa sensazione. La prego, rifletta
bene anche lei. Riflettiamoci tutti,
magari arrabbiandoci, piangendo,
pensando, ritrovando la calma,
ripetendo questi passaggi se
necessario per tutto il tempo che ci
vorrà.
Hada Nobuko
Era una lettera
assolutamente
irreprensibile, senza
nemmeno troppo malanimo,
e che trasmetteva soltanto
un senso di sconvolgimento.
Eravamo entrambe
sconvolte ma non potevamo
aiutarci a vicenda, e anche
questo era terribilmente
triste. E poi c’era un senso
di profonda, profondissima
rassegnazione. Avevo avuto
l’impressione che il castello
di rassegnazione cresciuto
dentro di lei un poco alla
volta, nel corso di molto
tempo, ormai si ergesse
solido e che non sarebbe mai
crollato.
Come farò? pensavo
fissando con sguardo
assente il cielo. Da lui non
c’era stata nessuna
telefonata. Avevo provato a
chiamarlo, ma il sabato e la
domenica teneva il cellulare
spento. Forse di questa
lettera non sapeva nulla.
Io non avevo mai parlato a
nessuno di questo amore. Né
alle amiche più intime né ai
miei familiari. “C’è una
persona a cui voglio bene
ma ci possiamo vedere poco”
dicevo, e tutti, conoscendo il
mio carattere distaccato,
subito persuasi,
rispondevano solo: “Ah,
davvero?”. Ma io non sono
per niente distaccata, sono
terribilmente ardente. È
semplicemente che fino ad
allora ero stata totalmente
appagata.
Non riuscivo a pensare ad
altro se non che la sfortuna
che prima o poi sapevo mi
avrebbe colpito, era
arrivata. Il mese prima
avevo bevuto insieme a
quella Nakamoto e a un
certo momento il discorso
era diventato un po’ più
serio. Si parlava di quando
avevamo perso la verginità.
Quando io avevo detto che
era stato al primo anno delle
medie, lei stupita aveva
esclamato: “Che precocità!”.
Ubriaca com’ero, ho
continuato: “Sto ancora
insieme a lui, è stato il mio
primo amore”. E questo
l’aveva sorpresa ancora di
più. La sua faccia stupita mi
piaceva molto. Spalancava
gli occhi, lasciava cadere le
cose che aveva in mano,
corrugava la fronte, in
un’espressione di assoluto
stupore. E così, un po’
perché mi divertiva, un po’
per vanità, le parlai di Hada.
Che solo questo avesse
provocato tutto ciò,
sembrava uno scherzo del
destino.
A stare in casa, avevo
l’impressione che dalla
lettera si sprigionasse un
odore. Era un odore dolce e
denso, come quello dei fiori.
Sarò sconfitta, sarò sconfitta
da questa forza. Non sono
capace di essere così
combattiva. È solo che le
mie giornate sono felici e
non vorrei cambiarle, perciò
non mi spingere con tanta
forza, pensai. Oppure, la mia
paura di perderlo era così
forte da far sorgere in me
un’ostinata tenacia? Avrei
pensato che lo amavo tanto
e volevo sposarlo?
Infilai il cappotto, presi in
fretta la borsa e uscii. Il
mondo di fuori era inondato
dalla luce piacevole del
pomeriggio. L’aria invernale
era pulita, e il cielo di un
azzurro chiaro sembrava
lontanissimo. Nel quartiere
non si vedeva un’anima,
tutto era tranquillo come se
il tempo si fosse fermato.
Dalle finestre delle case
giungevano fievoli i rumori e
le voci della quiete
pomeridiana. La luce
disegnava la mia ombra
chiara, le nuvole avevano un
colore delicato. In quel bel
paesaggio, camminavo in
una nube nera con gli occhi
socchiusi.
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