Donne che non perdonano – Camilla Läckberg

SINTESI DEL LIBRO:
Quando suo marito entrò in soggiorno, Ingrid Steen nascose
l’oggetto che aveva in mano nella fessura tra i cuscini del divano.
Tommy le passò davanti con un sorriso meccanico e proseguí
verso la cucina, dove si mise a frugare nel frigorifero canticchiando
The River di Bruce Springsteen.
Ingrid si alzò dal divano e si affacciò alla finestra. Fuori i lampioni
lottavano contro il buio di novembre tra i rami contorti degli alberi
spogli. Dalla casa di fronte arrivava la luce tremolante di un
televisore.
Tommy si schiarí la gola alle sue spalle.
– Com’è andata la giornata?
Lei lo guardò senza rispondere. In una mano teneva mezza
polpetta fredda, nell’altra un bicchiere di latte. Aveva i capelli radi, da
sempre, ma dopo i trent’anni aveva almeno avuto il buon gusto di
radersi a zero. Il fondo della camicia era stazzonato, dopo esser
rimasto tutto il giorno infilato nei pantaloni.
– Bene.
Tommy sorrise.
– Mi fa piacere.
Ingrid restò a guardare la schiena di suo marito che si
allontanava. Tommy, un nome da operaio. Bruce Springsteen, un
eroe da operai. E invece da quando era diventato direttore del
principale tabloid del Paese, l’«Aftonpressen», si erano trasferiti a
Bromma, il quartiere dell’alta borghesia in generale e dell’élite
giornalistica svedese in particolare.
Non appena nello studio riprese il suono di dita che battevano
sulla tastiera, Ingrid tornò al divano e infilò una mano tra i cuscini.
Pescò uno dei vecchi giocattoli di sua figlia Lovisa, un piccolo
dinosauro verde che la fissava con occhi sovradimensionati, e lo
posò sul tavolino. Continuò a frugare fino a trovare quello che
cercava, dopodiché uscí nell’ingresso con l’apparecchietto in mano.
Il ticchettare di dita che scrivevano, davano disposizioni e
cambiavano titoli aumentò di intensità.
Ingrid prese il giaccone di Tommy dall’attaccapanni, con il kit da
cucito nella tasca dei jeans che le premeva sul gluteo sinistro. Salí al
piano di sopra ed entrò in bagno. Dopo aver posato il kit sul
lavandino, chiuse la porta a chiave e abbassò il coperchio del water.
Scucí un pezzetto della fodera interna del giaccone, ci infilò dentro
l’apparecchio e verificò che funzionasse prima di ricucire il tessuto
lucido con un paio di punti.
Victoria
Fino a tre anni prima di cognome faceva Volkova, viveva nella
grande città russa di Ekaterinburg e la sua conoscenza della Svezia
era limitata al poco che aveva studiato alle lezioni di Storia e
Geografia. Ora invece si chiamava Brunberg e viveva a Sillbo, a una
decina di chilometri da Heby, nella Svezia centrale. Parlava svedese
con un forte accento russo e non aveva né amici né un lavoro.
Con un sospiro, versò il tè bollente in una tazza nera con la scritta
«Sweden Rock».
Il vento si infilava gemendo nelle fessure della finestra. Fuori
c’erano campi, boschi e cielo grigio. Facendo schermo con la mano
per risparmiarsi la squallida vista, Victoria si sedette al tavolo della
cucina e ci allungò i piedi sopra. Strinse le mani attorno alla tazza e
chiuse gli occhi. Tutto in quel posto, in quel Paese, faceva schifo.
– Jurij, – bisbigliò.
La principessa dei gangster, era cosí che la chiamavano i suoi
amici di Ekaterinburg per prenderla in giro. Ma a lei piaceva.
Adorava i diamanti, le droghe, le cene, i vestiti e l’appartamento in
cui vivevano lei e Jurij.
Tutte cose che aveva perso il giorno del suo ventesimo
compleanno, quando Jurij era stato ucciso. Ormai il suo corpo
doveva essersi decomposto fino a essere irriconoscibile. La sua
schiena pelosa, le mani grandi, la mascella squadrata… niente di lui
esisteva piú.
Gli avevano sparato mentre festeggiavano il compleanno di
Victoria in un night club. Il suo sangue le aveva macchiato la
pelliccia bianca gettata su un divano del locale. Il killer avrebbe
voluto ammazzare anche lei, ma il terzo colpo aveva mancato il
bersaglio, uccidendo invece una delle guardie del corpo di Jurij.
A Victoria non era rimasta altra scelta se non rifugiarsi a casa di
sua madre, a un’ora di macchina dalla città. Era stata lei a suggerirle
il sito in cui gli uomini svedesi cercavano una donna russa.
«Gli svedesi sono gentili e malleabili», le aveva detto.
Victoria aveva obbedito a sua madre, come faceva quasi sempre.
Aveva caricato sul sito un paio di fotografie e nel giro di due giorni
aveva ricevuto centinaia di messaggi. Tra tutti i candidati, aveva
scelto Malte: nelle foto sembrava gentile, una specie di bambinone
dagli occhi buoni, in sovrappeso e con l’aria timida. Le aveva
mandato i soldi per l’aereo e due settimane dopo Victoria era entrata
per la prima volta nella casetta gialla di Sillbo.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo