Cara, cara Brenda – Henry Miller

SINTESI DEL LIBRO:
Henry Miller nel suo eremo in cima
ad un monte solitario e
panoramico a picco sull'Oceano
Pacifico.
Ho detto "eremo" per due ragioni:
prima di tutto perché il luogo era
proprio da eremita, sia per la sua
totale solitudine sia per la sua
bellezza selvaggia e inospitale; in
secondo luogo perché c'era
nella personalità di Henry Miller
qualche cosa dell'eremita, sia pure di
una religione tutta sua,
diciamo così, pagana, vissuta con
assoluta determinazione e completo
sprezzo della morale
corrente. Un eremita di segno
sessuale, insomma, non tanto
lontano dal polemico e ingenuo
D.W.
Lawrence, di Lady Chatterley's
lover, con la stessa concezione
salvifica del sesso inteso come
chiave cosmica del mistero della
vita, in una perpetua alternanza di
morte e di resurrezione, di
tumescenza e di afflosciamento, di
spiritualità e di carnalità.
A dire il vero, leggendo, venti anni
prima, i due Cancri mi ero
immaginato, con la fantasia del
lettore suggestionabile, una persona
tutta diversa da quella che ho visto
venirmi incontro nello
spiazzo davanti alla casa: un uomo,
cioè, sanguigno, robusto, atletico,
pieno di compressa energia
sessuale. Avevo invece di fronte a
me un piccolo uomo anziano, fragile
e tremulo, dal volto benigno
e intellettuale, come non è
infrequente vederne nei campus
delle università americane.
Gentile e indifferente, mi ha detto
che lassù si trovava benissimo, in un
isolamento completo quanto
volontario, senza telefono, senza
vicini, senza mondanità di alcun
genere, tra la macchia
infinitamente pullulante di cespugli
e la vastità infinita dell'oceano.
Ma, ecco, dalla casa è uscita ad un
tratto una ragazza o meglio una
ragazzona vistosa, florida,
colorita e robusta, in maglione e
pantaloni con la faccia occhialuta e
quadrata della studentessa, e
allora ho ricordato l'immagine di lui
che mi ero fatta leggendo Tropico
del Cancro e Tropico del
Capricorno e ho capito che in fondo
era giusta: nella donna formosa di
fronte alla quale mi trovavo
in quel momento e nelle tante altre
evocate nei suoi libri, Miller aveva,
per così dire, proiettato se
stesso, aggettivando la propria
ideologia sessuale in fantasmi
femminili traboccanti di facilità e di
richiamo.
A dirla in breve, la verità dei due
Cancri e degli altri libri di Miller era
non tanto nel sesso quanto
nel culto del sesso, certo non casto
ma, come tutti i culti, soprattutto
verbale. Il sesso, insomma, non
andava tanto praticato quanto
nominato e dunque sottratto cosi al
silenzio dei moralisti come alle
vociferazioni dei pornografici. E
nominarlo voleva dire inserirlo e
fissarlo una volta per tutte,
insostituibile e fondamentale, nel
solo universo possibile per un
letterato come Miller, cioè,
appunto, l'universo della letteratura.
Adesso quest'epistolario tra Miller e
la sua ammiratrice Brenda Venus
ripropone la tematica di
Miller in maniera diretta, come
avviene sempre con gli epistolari
cioè fuori dalla letteratura, nella
cruda quotidianità del vissuto.
Per dirla con una citazione certo non
nuova ma, nel caso, perfettamente
adatta, si tratta, insomma, di
un epistolario tra un uomo di 86
anni, quasi in punto di morte, e
nientemeno che Venere, sì, proprio
la Venere dell'antichità classica, la
Venere della Fedra di Racine: "toute
entière a sa proie attachée".
Che Brenda si chiamasse Venus non
è dunque un caso; semmai, dati i
precedenti di Miller, una
fatalità.
Certo l'epistolario si potrebbe
leggere come uno dei tanti epistolari
d'amore, privi del tutto di
importanza culturale, che
sopravvivono per motivi di curiosità
biografica a fianco dell'opera
propriamente letteraria di certi
scrittori; ma nel caso di Miller,
profeta della buona novella sessuale,
proprio quest'assenza di riferimenti
letterari, questa ossessione del sesso
costituiscono l'interesse,
appunto, culturale della raccolta.
Occorre dunque non vedervi il
documento abbastanza penoso di
una senilità impenitente e impotente
ma piuttosto l'eterno dialogo tra il
maschio invano incalzante e
la elusiva dea dell'amore.
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