Una Manciata Di More – Ignazio Silone

SINTESI DEL LIBRO:
«In altre parole tu mi credi un mascalzone» disse l'uomo con la
paglietta in testa e la coccarda rossa all'occhiello. «Non hai fiducia in
me.»
L'ingegnere chiuse gli occhi infastidito.
«Lo so, diffidi di me a causa del mio passato» insisté l'altro. «Sai
che ti rispondo? Forse hai ragione. Sono sincero? Ed hai mai
incontrato un mascalzone sincero, un mascalzone che si confessi?
Dunque non sono tanto mascalzone quanto credi. Adesso, Cristo,
dimmi sinceramente che ne pensi.»
«Niente» mormorò l'ingegnere. «Ho troppo mal di testa.»
«Forse digerisci male» disse l'uomo con la paglietta. «Forse è la
nausea della delusione. Ma se nel passato ho errato, di questo che ora
sto per dirti puoi essere certo, è stato per amore del popolo. In un
certo senso, ho peccato di generosità.»
«Ti hanno ammesso nel Partito, che altro cerchi?» domandò
l'ingegnere. «Ho saputo che tua moglie tiene accesa, in permanenza,
una candela davanti alla statua di Sant'Antonio.»
«Nel Partito stanno ammettendo cani e porci» disse l'uomo con la
paglietta. «Ma a che serve la tessera, se tu persisti a trattarmi come
una pecora rognosa?»
Parve esitare, cercare una parola, e poi aggiunse in gran fretta e
con voce alterata:
«Rocco, ho bisogno della tua stima.»
Forse l'ingegnere non si accorse che l'altro aveva gli occhi pieni di
lacrime.
«La mia stima non ti servirebbe a niente» Rocco gli rispose
sbadigliando. «Non ho chiuso occhio durante tutta la notte.»
Davanti al "Caffè Mazzini già dell'Impero" i due occupavano l'unico
tavolo protetto contro il sole da un ombrellone verde. Il riflesso
dell'ombrellone dava al pallore naturale dell'ingegnere un aspetto
sofferente, mentre la paglietta proteggeva il colorito rubicondo del suo
compagno. Attorno agli altri tavoli erano raccolti gruppi silenziosi di
contadini. Erano quasi tutti vestiti di scuro, con il cappello in testa e la
bisaccia o altri involti sulle ginocchia. I loro sguardi erano fissi sui
bicchieri, insensibili al sole e alle mosche. Alcuni portavano, infilato
nella tesa del cappello, un ciuffetto di peli di tasso, contro il malocchio.
Tra essi era una giovane con un bambino così piccolo e tenero tra le
braccia che sembrava uscito appena appena dall'uovo. Quella piccola
folla aspettava la corriera.
«Dicevo» continuò l'uomo con la paglietta.
Ma Rocco non l'ascoltava più. Poco prima era arrivato dalla
stazione un viaggiatore ritardatario, con una grande valigia su una
spalla. Aveva un aspetto d'operaio. Non era facile indovinare se fosse
paesano o forestiero. Si era subito informato sull'orario d'un certo
postale, senza però spiegare dove volesse andare e senza prenotare
alcun posto al banco del caffè. A un certo punto Rocco lo perdette di
vista e s'alzò per ritrovarlo. Non riusciva a capire dove fosse sparito.
Intanto Filomena aveva portato da bere. Anche lei aveva una coccarda
rossa appuntata sul petto.
«Ti supplico, non parlare per enigmi» disse l'uomo con la paglietta
riempiendo il bicchiere di Rocco. «Spiegati, se puoi, in termini
comprensibili.»
«Ecco, ho una vaga impressione che tutto stia per finire» gli sfuggi
detto. «Nient'altro.»
«Magari» disse l'uomo con la paglietta. «Ma il tuo innato
ottimismo, come al solito, t'inganna. Qui, per tua norma, non finisce
mai niente. Che ne pensi di questo vino?»
«Scusate, don Rocco, se ho ascoltato» disse Filomena allarmata.
«Cosa starebbe per finire, secondo voi?»
«Tutto» disse Rocco vuotando il bicchiere. «Ma ripeto, è solo una
mia impressione.»
«Nei terremoti» disse Filomena, «chi sempre ci rimette, in fin dei
conti, è il commercio. I campi, gli orti, i prati restano tali e quali,
quest'è naturale. Ma a ricomprare le botti, le damigiane, gli scaffali, i
bicchieri, gli altri cocci, sapete quanto costa?»
«Hai capito?» disse a Rocco l'uomo con la paglietta. «Tutt'al più è
una questione di spesa. Ma qui non finisce mai niente, mai. Bevi, ti
raccomando, è un vinetto che chiarisce i dubbi.»
La strada davanti al caffè Mazzini era la via di circonvallazione
della piccola città. A fianco della strada si stendeva, in quel tratto,
l'alveo vastissimo, pietroso, e, durante quella stagione, interamente
asciutto, del torrente, con rari alberelli e cespugli sui banchi di sabbia
più elevati. Su quell'immenso greto senz'ombra il sole aveva riverberi
abbaglianti; sembrava che l'aria friggesse. Le colline, sull'altra sponda,
apparivano lontane e scolorite.
Dal posto dove l'ingegnere e l'uomo con la paglietta si trovavano
seduti, si poteva vedere solo un piccolo tratto della circonvallazione,
che a un centinaio di metri di li faceva gomito davanti al grandioso
portale barocco del Monastero di Santa Chiara. Ma chi avesse
guardato dall'opposto marciapiede, voltando le spalle al greto del
torrente, avrebbe visto l'intero rione che due anni prima era stato
distrutto dai bombardamenti aerei; e al di là delle macerie e di una
fitta agglomerazione di baracche, la mole massiccia e scura del carcere
di San Rufino e l'elegante cupola del collegio dei gesuiti, rimasti
miracolosamente illesi.
Due contadini, un vecchio e un giovane, dall'aspetto
particolarmente povero e tra loro somigliantissimi, certamente padre e
figlio, si erano intanto presentati dinanzi al Caffè e se ne stavano
immobili e silenziosi in mezzo alla strada, con lo sguardo
supplichevole verso il signore con la paglietta. Questo faceva del tutto
per non vederli. Il contadino più giovane portava anche lui una
coccarda rossa appuntata al bavero della giacca.
«Che vogliono?» mormorò Rocco.
«Aspettano una risposta» spiegò sottovoce l'uomo con la paglietta
senza guardarli. «Dalla mattina alla sera, in casa, all'ufficio, al Caffè,
dovunque mi trovo, è una continua noiosa processione.»
«Che risposta? L'acquisto di un'indulgenza?»
«No, dovresti saperlo, i poveri non hanno bisogno d'indulgenze. I
vecchi braccianti cercano lavoro, qualsiasi lavoro. Nell'edilizia, nei
trasporti, nell'industria, qui, o in altra provincia, o all'estero. Ma i
giovani cercano un posto di usciere, un posto all'ombra, essi spiegano,
un posto dove non vi sia da faticare. Devo dire, a loro onore, che vi
sono però dei giovani ammogliati disposti ad accettare un posto di
portiere.»
«Perché solo gli ammogliati?»
«La moglie può scopare le scale. Accade questo, pare, in ogni
dopoguerra. Non v'è calamità maggiore dei dopoguerra.»
Al vecchio ch'era in attesa in mezzo alla strada riuscì finalmente
d'attrarre e fissare, per qualche istante, lo sguardo del signore con la
paglietta. Indicando con un gesto affettuoso il figlio che gli stava
accanto, il vecchio chiese allora umilmente:
«Per lui, don Alfredo, c'è qualche risposta?»
«Purtroppo, niente.»
«C'è, però, ancora speranza, vero?»
«Certo, certo, non ci mancherebbe altro.»
Il vecchio guardò il figlio con un sorriso d'uomo rassicurato; poi,
indicando se stesso con un umile gesto da mea culpa e un filo più
sommesso di voce, aggiunse:
«Don Alfredo, scusate, e per me? C'è una risposta?»
«Purtroppo no, neppure per te.»
«Ma, scusate, don Alfredo, posso ancora sperare?»
«Certo, certo.»
«Grazie, don Alfredo, infinite grazie per le vostre buone parole.
Compatite se ripasseremo domani?»
L'ombra si era intanto estesa sugli altri tavoli del Caffè, come un
ampio baldacchino d'un pallido viola. Filomena si affrettò a chiudere
l'ombrellone verde e lo riportò all'interno. Fu quello il momento che
prese fiato una leggiera tiepida brezza. Parve il respiro della città in
vista del crepuscolo. Era così sottile che trapassava i muri e scovava le
cucine, le sacrestie più remote, dalle quali diffondeva a intermittenza
odori di peperoni, di pane sfornato, d'incenso.
«Dov'è attualmente il tuo domicilio legale?» chiese Alfredo
all'ingegnere. «Le autorità ti ricercano ansiosamente.»
«Le autorità?» disse l'ingegnere. «Vogliono arrestarmi?»
«Cristo, che ti viene in mente?» protestò Alfredo. «Devono
consegnarti il diploma e la medaglia d'argento per la tua azione contro
il Casale.»
Rocco fece una smorfia di noia.
«Non mi spetta» disse. «La diano a Zaccaria. Il merito fu suo.»
«Se non ha importanza per te, ne ha per il Partito» dichiarò
Alfredo. «Potrà servire a dimostrare, di fronte agli avversari, che
noialtri... »
«Che voialtri?» interruppe l'ingegnere.
Ma la sua voce tolse il fiato ad Alfredo.
Da mezz'ora Filomena annunziava ai clienti del Caffè: "Sarà qui da
un momento all'altro, non può tardare" quando di colpo si udì lo
strepito della corriera. Era un autobus mastodontico, sproporzionato
alle modeste dimensioni delle strade di provincia. I contadini, con i
loro oggetti sulle spalle e sotto le braccia, furono subito in piedi, si
affollarono per salire, rassegnati alla necessaria colluttazione. La
corriera era infatti già stracarica di passeggeri, sovraccarica di canestre
valige sacchi. Una donna alta magra vestita di nero, con una grande
cesta sul capo, protestò ad alta voce con l'autista, chiese un posto a
sedere. "Ho pagato un posto a sedere" disse. "Voglio averlo".
"Mostrami il tuo biglietto" disse l'autista. "Fammi un po' leggere dove
sta scritto posto a sedere." I passeggeri seduti nell'interno della
corriera ridevano, e la donna si risentì ancor più e volse contro di loro
la sua esasperazione. "Scusa" le disse una vecchia attraverso il
finestrino "se tu fossi seduta, non rideresti anche tu? E allora?"
Alfredo rideva anche lui.
«Perché ridi?» gli domandò Rocco. «Questo vino è la sola cosa
degna di rispetto che finora ho ritrovato. Filumè, un'altra bottiglia.»
«Rido perché anch'io sono seduto» disse Alfredo. «Tu fai male a
non ridere, dato che anche tu sei seduto. Sarebbe un tuo diritto. Ma a
te manca lo spirito di corpo.»
Dopo la partenza della corriera si poté constatare che,
stranamente, neppure un viaggiatore era rimasto a terra. Ma, poco
dopo, sulla porta del Caffè riapparve l'uomo dalla grande valigia.
«Lei non ha trovato posto?» gli domandò l'ingegnere.
L'uomo non rispose e si appoggiò con una spalla allo stipite della
porta. Pareva molto incuriosito a guardare un piccolo asino immobile
e indifferente in mezzo al greto assolato e deserto del torrente, ma non
era facile indovinare che cosa aspettasse.
«Il postale per San Luca, di cui avete chiesto l'orario poco fa»
spiegò allo sconosciuto l'uomo con la paglietta, «non esiste più da
almeno quindici anni. Una volta ogni paesetto aveva la sua carrozzella
postale, ma adesso l'autobus che va alla Fornace basta per tutta la
valle.»
«Sieda con noi» gli disse l'ingegnere sorridendo. «Ci aiuti a vuotare
questa bottiglia. Il vino non è cambiato.»
L'uomo si sedette, disse "alla salute» con gesto cortese e vuotò il
bicchiere. Era un uomo forse sulla quarantina, assai robusto. Le sue
mani erano forti e pulite, ma profondamente screpolate come quelle
dei muratori e scalpellini. Quello che più colpiva in lui era lo sguardo,
nello stesso tempo aperto, franco e diffidente. Egli non sembrava
affatto impacciato di sedersi accanto a persone di condizione diversa.
«Questa bella giacchetta di maglia che portate, certamente non
l'avete comprata dalle nostre parti» disse l'uomo con la paglietta. «E'
di una foggia qui mai usata. Anche la valigia.»
«Beva» disse l'ingegnere. «Almeno il vino è ancora quello.»
«Alla salute» disse il nuovo venuto. «Sì, il vino è ancora quello; ma
forse è tenuto nella damigiana e non nella botte. Ho indovinato? La
prossima bottiglia l'offro io. Padrona, un'altra bottiglia.»
«Se vuole, più tardi la riporto io a San Luca» disse l'ingegnere. «Ho
una macchina. Devo andare anch'io da quelle parti.»
Alfredo impallidì.
«Rinunzi all'incontro di stasera col provveditore?» disse.
«Veramente? Non capisco.»
Rocco gli rispose con una scrollatina di spalle, senza guardarlo.
«Non capisco» ripeté Alfredo avvilito. «Cristo, non ti rendi conto
dell'importanza dell'incontro? Il prestigio del Partito è in giuoco.
Trecento disoccupati troveranno un'occupazione almeno per due anni.
Il provveditore, per nostra fortuna, ha bisogno d'acquistare qualche
indulgenza a causa del suo passato. Egli m'ha detto d'essere felicissimo
di incontrarti, che ti ammira, che sa tutto di te.»
«Tutto?» interruppe Rocco incredulo
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo