Il silenzio – Ingmar Bergman

SINTESI DEL LIBRO:
Il silenzio
1
Treno direttissimo notturno.
I finestrini dello scompartimento sono aperti, ma la corrente d’aria non dà
alcun refrigerio, si comprime sul viso come un alito febbrile. Una sudicia
tendina svolazza furiosamente.
Anna, tutta sudata, è sprofondata sul divano mezza assopita. Il figlio Johan,
di dieci anni, dorme chinato sul corpo della madre. Ci si sente scomodi
sull’ammuffito e polveroso divano di velluto, con addosso un abito estivo
tutto sgualcito. Lei tiene le mani sulle cosce umide e largamente divaricate.
Ogni tanto la donna sbadiglia e guarda la campagna invariabilmente piatta.
Le lampade dello scompartimento sono spente e la luce dell’alba disegna in
lontananza una catena di montagne rocciose.
Sul divano di fronte è seduta Ester, che non sembra soffrire per il caldo
soffocante, ha il corpo eretto e le palme delle mani appoggiate sui cuscini. Gli
occhi sono chiusi ed il viso è pallido e tormentato.
Queste tre persone sono sole nello scompartimento del treno, che corre nel
silenzio dell’alba.
Il ragazzo si sveglia e chiede qualcosa da bere. La madre gli dà un’arancia.
Lui si alza impaziente, va nel corridoio e ritorna quasi subito, si ferma e legge
un avviso stampato, che si trova incollato sulla porta dello scompartimento.
Domanda a Ester cosa significa e lei scuote la testa, non lo sa.
Il ragazzo insiste e continua a sillabare: NITSELSTANT STANT NJON
PALIK. Anna lo prega di sedersi o di sdraiarsi e cercare di dormire.
Lui si rannicchia sul divano e posa la testa sulle ginocchia della madre.
Lei lo sposta cautamente e gli mette sotto la testa un cuscino da viaggio. Il
treno si ferma sobbalzando.
Non c’è nessuna stazione, nessun segnale, nessuno fuori che attenda. Il treno
è fermo nella pianura. Qualcuno si muove e parla a voce bassa e confusa in
uno scompartimento attiguo. Ester volge il viso verso l’angolo più chiaro del
finestrino, dove penzola la tendina.
Viene scossa da una tosse soffocata, porta il palmo della mano alla bocca e si
lamenta, scuote la testa, china la fronte sulle ginocchia. La bocca si apre ed
un rivolo di sangue e di bava le scorre lungo le gambe e sul pavimento.
Anna tenta di reggerle la testa e tende le mani, ma Ester le respinge e addossa
la schiena contro la parete, come se stesse per soffocare.
Il ragazzo si è sollevato e fissa la scena più meravigliato che spaventato.
Ester si calma e riprende a respirare normalmente, poi si passa una mano sul
viso e comincia meccanicamente a tergere con il fazzoletto il sangue dalla
gonna.
Ma il momento di stasi non dura a lungo, nuove convulsioni scuotono il suo
corpo.
Ester si alza e si lancia contro il finestrino. Anna l’afferra per la vita e la tiene
sollevata.
La crisi ha termine improvvisamente come era iniziata.
Ester si sdraia e chiude gli occhi. Anna le siede vicino e le asciuga il mento e
la bocca. Il treno si mette lentamente in movimento.
Il ragazzo è vicino al finestrino e cerca di non guardare la chiazza di sangue
sul vetro.
Il sole sorge dietro le montagne e proietta una lunga ombra sull’erba riarsa
della pianura. La luce intensa colpisce gli occhi stanchi del bambino, e
l’odore di sudore, polvere e ferro caldo gli solletica il naso.
Ma c’è anche un altro odore cupo e dolciastro che gli provoca un senso di
nausea.
La tendina inondata dalla luce mattutina svolazza contro la parete.
Il ragazzo esce nel corridoio. Nello scompartimento attiguo dormono due
anziani signori in uniforme. Sono sdraiati sui due divani con le bocche aperte
ma non russano. Sul tavolino vicino al finestrino ci sono due bottiglie di birra
semivuote, e un lungo filo di fumo si solleva dalle sigarette posate nel
portacenere.
Il controllore si avvicina, lancia di sfuggita uno sguardo nello
scompartimento delle donne, si ferma ed apre la porta. Johan lo sente parlare
con la madre, borbotta parole incomprensibili. Ogni tanto Ester dice
qualcosa
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